ABSTRACT:

Femminicidi, violenza di genere, incapacità a gestire le separazioni affettive, stalking, cyberbullismo. Lo conosciamo bene il mondo intorno a noi. Spesso ci sentiamo impotenti, comprendiamo che dovremmo fare qualcosa per i nostri studenti, per i nostri pazienti, per i nostri figli… ma non sappiamo bene cosa.


Gli adolescenti sono immersi nel mondo virtuale, sono esposti ad immagini e conoscenze in età sempre più precoce, eppure sembrano a volte totalmente ignari della presenza delle malattie infettive a trasmissione sessuale, all’oscuro persino delle più semplici pratiche contraccettive, come dimostrano le molte gravidanze indesiderate in età adolescenziale.


Che senso può avere oggi proporre corsi di educazione all’affettività e sessualità a scuola? Forse si potrebbe o addirittura si dovrebbe anticipare l’età in cui proporre percorsi educativi sull’affettività? Quali percorsi e strategie educative gli insegnanti e gli educatori potrebbero sperimentare nelle loro classi e nei loro gruppi di lavoro? La Peer Education può essere una risposta concreta a queste domande?


Questo articolo si propone di offrire approfondimenti teorici per individuare l’età nella quale avrebbe senso iniziare percorsi di educazione all’affettività. Altresì ci si propone di fornire spunti pratici, aiuto e supporto a chiunque lavori in contesti educativi.


Si esplora un’esperienza di educazione all’affettività e sessualità integrata con un intervento di Peer Education in un centro di formazione professionale bresciano, che mette in luce, ancora una volta, le principali differenze tra classi totalmente o prevalentemente maschili e classi femminili.


Le finalità sono apprendere a costruire relazioni rispettose di sé e dell’altra persona, il miglioramento delle relazioni affettive, della gestione dei conflitti e delle separazioni e l’interiorizzazione di pratiche preventive rispetto alle malattie sessualmente trasmissibili e alle gravidanze indesiderate, oltre che favorire un clima d’aula più accogliente verso tutte le soggettività.


Il percorso è stato condotto con metodologia attiva e si è concluso con un intervento di Peer Education, sul tema dei rischi della realtà virtuale e in particolare della pornografia nelle relazioni tra i generi.


Uno dei risultati è stato il creare una dimensione collettiva di riflessione per superare l’individualismo e le barriere culturali che rigidamente creano le basi per la violenza di genere nei differenti contesti di vita (reale e virtuale) e l’omonegativitá.

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